E’ sabato mattina, e sto facendo colazione.
Indosso un paio di jeans troppo larghi, che mai metterei per uscire, e una felpa gigantesca che addosso a me sembra una coperta.
Intorno a me, un disastro: la casa è disordinata, ci sono vestiti appoggiati agli schienali delle sedie, il piano della cucina è pieno di cibi e utensili ammonticchiati.
Ma chi è questa che abita in casa mia? Io non sono così! Io sono tutta precisina pulitina ordinatina, la mia casa è stata sempre ragionevolmente presentabile, ma soprattutto io sono una donna-con-la-gonna: mai insaccata in vestiti orrendi, mai in tuta, mai in pigiama, mai in ciabatte, nemmeno quando sono in casa da sola, semplicemente perché sono abituata a piacermi.
Per giunta sto per ricevere una visita, da parte di qualcuno a cui vorrei presentarmi al meglio, eppure non ce la faccio: i tacchi sono vietati fino a nuovo ordine, non posso mettere cibi e utensili sugli scaffali né appendere i vestiti nell’armadio perché non posso alzare le braccia, non posso spostare le riviste dal pavimento perché non riesco a chinarmi, e di lavarlo, il pavimento, non se ne parla proprio.
Ancora per due settimane, secondo il medico. Due settimane durante le quali vivrò in questo stato abietto sentendomi estranea a me stessa.
Le fratture da stress sono niente, rispetto allo stress da frattura.